Ristorante Su Caboniscu – Cagliari
Mi fai’ prexeri su ddu tenni in manu;
Gei est unu caboniscu
Chi si piga’ su friscu dognia di’ a mangianu
Cantendi baggianu,
Gosat de s’oghianu pinnas doradas bogat
Gei est unu caboniscu
Chi si piga’ su friscu sartat, currit e giogat:
In sa terra forrogat,
Cant’agattat ndi’ogat e non di lassat nudda,
Gei est unu caboniscu
Chi si piga’ su friscu zerriendis’is puddas,
Aspettendiri cuddas,
Derettu s’azzuzuddat bellu inchighiristau.
(cit. Canzoni de su Caboniscu)
All’attento lettore non sfuggirà la velata metafora dell’esuberante burriccu che sopperisce all’evidente deficit tricotico ergendo la (virtuale)cresta nell’ambito delle tipiche dinamiche sociali che vedono il poco laborioso elemento ricercare l’attenzione della massa con atteggiamenti singolari, che alla fine premieranno l’osservatore che si ciba di gossip e cronaca, piuttosto che la mania di protagonismo iniziale.
Non è un caso che una comitiva di tre somari, in una giornata in cui le temperature estive cedono lentamente il passo al ben più gradevole tepore autunnale, si ritrovino, a seguito della ricorrente gara ad eliminazione dei locali chiusi per pranzo nel capoluogo, presso il locale che onora il re del pollaio: “Su Caboniscu”, nel centrale Corso Vittorio Emanuele.
Sabato primo settembre, ore 13:27. Ettore e Jesus attendono, in una zona di Cagliari, ove evidente è l’impronta del passaggio, in tempi recenti o remoti, del Triumvirato più famoso della città; trìo che, di lì a breve, si sarebbe ricostituito in formazione titolare, non appena l’Ing. Marrocu avesse affidato, in mani indubbiamente più sicure delle proprie, la professionalità al servizio di enti governativi di cui non possiamo rivelare i dettagli per motivi di sicurezza nazionale. Alle 13:30 in punto, come da protocollo, l’avventura poteva avere inizio.
La trattoria Su Caboniscu si sviluppa in un’unica sala rettangolare che si affaccia sulla strada, con pareti di colore giallo chiaro – spezzate da zone di color arancio scuro in corrispondenza delle strutture portanti -, e con il soffitto rivestito in legno scuro, in cui trovano alloggio faretti alogeni per una ottimale illuminazione e i diffusori per l’aria condizionata. Nelle pareti, trovano inoltre sistemazione diverse mensole in legno, proposte come pratico alloggio per suppellettili di forma ispirata al dominante pennuto, oltre che per graziose micro anfore, delle quali ci chiediamo ancora l’utilità.
In fondo alla sala il bancone delle stoviglie/angolo bar e, dirimpetto, quello della cassa, precedono l’ingresso alle cucine e ai servizi. Il locale ospita una quarantina di coperti, sistemati su tavoli quadrati da due persone, all’occorrenza accorpati per gruppi di clienti più numerosi, apparecchiati con semplice e sobrio tovagliame rosa. In prossimità del bancone del bar compare un vistoso frigorifero per le bevande, che spezza occasionalmente la sobrietà dell’ambientazione, parimenti alla diffusione di musica commerciale a volume eccessivamente alto, immediatamente riportato nella norma, secondo una richiesta formale del buon Jesus al personale in sala.
Il servizio è assicurato da una efficiente cameriera e dalla gentilissima Signora Angela, responsabile della sala e della cucina. Veniamo fatti accomodare su un comodo tavolo da quattro, sul quale giungono a breve delle straordinarie bruschette di pane carasau con olio d’oliva e aglio: ottimo benvenuto!
Il locale presenta un’offerta di cucina di terra e di mare; optiamo per la seconda, senza rinunciare ad un assaggio di sapori di terra, particolarmente graditi in una giornata dal clima mite che anticipa l’arrivo dell’autunno. Particolarmente povera nell’assortimento la cantina del locale, nella quale c’è spazio per una sola etichetta di vino bianco; fortunatamante, trattasi del più volte lodato IGT Karmis Bianco Tharros, annata 2011, delle cantine Contini di Oristano, servito dalla cameriera senza il consueto rituale dell’assaggio e successivamente accomodato in un secchiello che ne conservasse la temperatura. La privazione di tale momento, dedicato solitamente all’ego de su caboniscu Ing. Marrocu, costituirà una delle piccolissime sbavature di questa esperienza.
L’arrivo degli antipasti interrompe una discussione interna, non particolarmente accesa nei toni, ma non altrettanto sugli argomenti, sull’effettivo contributo di ciascuno dei commensali alla causa del Donkey Challenge, discussione che si protrarrà per tutto il corso del pranzo, divergendo in pura filosofia e sociologia. Iniziamo con l’assaggio di antipasti di terra, costituiti da pecorino fresco, prosciutto crudo e salsiccia nostrana, gradevoli, sebbene non particolarmente entusiasmanti, per proseguire con dei gustosi gamberi cotti in padella, dell’ottimo polpo marinato – eccessivamente duro per le mascelle del nostro ipertricotico burriccu -, e delle gradevoli cozze primavera, condite con pomodoro e prezzemolo. Notiamo subito la freschezza e la genuinità degli ingredienti, cucinati in maniera semplice, ma sapiente.
La qualità ineccepibile dei piatti fin lì assaggiati, cresceva ulteriormente con i primi piatti: eccellente fregola sarda con polpo alla diavola per Jesus e l’Ing. Marrocu, cucinata alla perfezione e senza brodo (callada), sontuose fettuccine al ragu di pesce (tonno) per chi Vi scrive: che bontà!
L’iniziale dubbio sulla possibilità di assaggiare un secondo piatto, alimentato dall’abbondanza delle porzioni assaporate, non regge di fronte alla possibilità di gustare altre squisitezze di tale qualità: all’unanimità si decide di proseguire con una grigliata mista di pesce.
Dopo i non brevi, sebbene fisiologici, tempi di cottura, arrivava sul tavolo una inusuale grigliata, non tanto nell’assortimento, piuttosto nella pezzatura dei pesci, che non valorizzava le dimensioni (spesso ricercate dall’occhio del cliente superficiale), ma unicamente la qualità e la genuinità del prodotto: orate e spigole di mare di circa cento grammi l’una, ma dal sapore e dalla cottura inarrivabile, nonché eccellenti calamari arrosto, serviti con una insalata pomodori a dadini: chapeau!!
Terminati con successo i secondi piatti, rimaneva ancora spazio per i dessert: ottimo flan di latte con caramello per l’Ing. Marrocu e sorbetto al limone per tutti e tre. Degno di nota quest’ultimo per la cremosità e il sapore, tanto da far ipotizzare al buon Jesus chissà quale magico ingrediente segreto.
Jesus: «Signora, è buonissimo. Cosa ci ha messo dentro?»
Angela: «Limone!?!»
Il pranzo si concludeva con un ottimo caffè Lavazza in cialde e delle ineccepibili grappe alla Vernaccia per tutti.
Costo dell’esperienza 40€ cad. Burriccu, almeno un 15% inferiore rispetto alla qualità di quanto assaporato, e subito rimpinguato da una lauta mancia, elargita in maniera uniforme per Ettore e Jesus, non altrettanto per il parsimonioso Ing. Marrocu.
La trattoria “Su Caboniscu” rappresenta una perfetta interpretazione di come offrire il massimo utilizzando ingredienti freschi, di qualità, cucinati in maniera semplice, ma sapiente. Un buon servizio, una ambientazione gradevole e una attenzione particolare per ogni dettaglio, garantiscono al cliente una esperienza di sicuro gradimento, facendo del locale una meta imprescindibile per chi ama mangiare sano e senza fronzoli.
D’altra parte, una cantina eccessivamente limitata, qualche piccolissima disattenzione nel servizio, e una musica di sottofondo poco appropriata, impediscono al momento al locale di fregiarsi di una valutazione che potrebbe avere del clamoroso, ma che comunque lo colloca al top degli esercizi della medesima categoria: tre burricchi pieni, con menzione speciale per la straordinaria qualità delle pietanze, e la genuinità delle materie prime.
VALUTAZIONE “Su Caboniscu”: Tre Burricchi con menzione speciale. | |||
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Ristorante Su Caboniscu |
Indirizzo: Corso Vittorio Emanuele II 189, Cagliari Telefono: 070651379 [mostra in google maps] |
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02 set 2012 alle 21:47
L’appariscente e simpatico gadget antropomorfo al di fuori del locale, per qualche istante ci indirizza verso una nostra istintuale predisposizione alla diffidenza, che ci porta a sospettare, poco prima di varcare la soglia, ad una trappola per turisti di quei ristoratori che, non troppo attenti a proporre qualità ai loro clienti, scimmiottano più o meno bene le icone della cucina sarda, giusto per rendere accattivante nel breve periodo, il loro dozzinale ristorante.
Mai più infondato si dimostrò tale malizioso pronostico, tanto da far gioire alla fine i tre burricchi, accolti per un paio d’ore di gioiose soddisfazioni alimentari, nel tempio de su caboniscu, amichevole trasfigurazione dell’ipotricoticamente crestuto Marrocu.
Qualche difetto, c’è da dire, il ristorante ce l’ha: musica non d’atmosfera (radio 105!) troppo alta, cantina dei vini non molto fornita, servizio non sempre impeccabile. Qui però finiscono i difetti. Nel ripensare a posteriori a quello che abbiamo avuto la possibilità di mangiare, più che uno stridulo canto del gallo, la cucina della Signora Angela ci pare una vera melodia d’usignolo, una sinfonia di archi che rompe un lungo silenzio e che ci fa godere di un meraviglioso spettacolo del gusto e dei sapori cagliaritani più autentici. Che dire: dalle bruschette di carasau proposte per tutto il pranzo, fino ai buonissimi sorbetti (la qualità dei limoni del loro giardino è il segreto!), tutto è stato qualitativamente ineccepibile e ci lascia inevitabilmente il desiderio di ritornare, anche personalmente, per riprovare le impagabili sensazioni di empatia, rilassatezza e piacevolezza, che abbiamo avuto modo di testare.
Assolutamente da provare!
03 set 2012 alle 18:00
Laddove natura ha fatto macello
non serve ritocco con il pennarello
è questa la storia di uno zimbello
che con il web si fa pur sbruffoncello
se poi si crede perfino un po bello
non puoi che dargli un sol somarello
03 set 2012 alle 18:14
Sono commosso Ingegnere, una via di mezzo tra Pascoli e Pasolini.
03 set 2012 alle 19:01
Ingrato è il tirchiarello,
con la compagnia del somarello,
di cui si crede il pavoncello,
ed è invece il gran fardello.
In natura ciò che è bello,
sebbene privo di capello,
non insulta suo fratello,
dato che sa dire solo Portobello.
03 set 2012 alle 23:31
Non è bello
ciò che è bello,
ma che bello,
che bello, che bello.
04 set 2012 alle 00:57
Lodevole il vostro approccio alla poesia, seppure con una forzata metrica in stile microstilo.
Sarebbe ora di passare alle endecasillabi sciolti ABAB.
05 set 2012 alle 19:00
Quanta è bella giovinezza
che si fugge, tuttavia
resta solo la certezza
del gelato leccornìa.
(Cit.)
06 set 2012 alle 00:25
Bella, cmq Marrocu resta inarrivabile…