Ristorante Sa Domu Sarda – Cagliari
Arriva l’Autunno, vestito di gelido tepore. Arriva l’Autunno, accarezzato dalla disattenta premura degli affaccendati cagliaritani, insensibili al piacere umido della nuova stagione, pronti a trascinare e confondere nell’oblio ogni voce ed ogni volto del lor pur breve passato, aggrappati al veloce sfumar dell’asfalto, nell’ipnotico piacere dell’attesa di casa.
Arriva spedita l’auto bicolore del Raschione Ettore, incidentalmente incontrando il caotico tramestio della Piazza Yenner, unione e diaspora, poco dopo l’imbrunire di un insolito martedì di Ottobre – insolito per le burricche abitudini, come i nostri più attenti lettori potranno notare -, di cento anime e di mille diffusi bagliori, mal amalgamati, nell’entropico e quasi erotico delirio di quell’aura sanza tempo tinta. Qui e adesso!
Arrivan quindi Jesus ed il Raschione, persuasi e piegati anch’essi all’irrinunciabile vortice della alimentare passione, nell’attesa di conquistar l’alta magione che li attende, nel pieno sereno vivere di un non inatteso tumulto cittadino:
«ma si bogais de mesu tutti quanti, che dobbiamo andare a mangiare… rispetta lo stop, carognaaaa!».
Allorquando infine, fortunosamente accomodata la variopinta utilitaria e raggiunta la poco distante Via Sassari, sopraggiungeva l’Ingegner Marrocu il quale, mettendo in pratica i suoi non più recentissimi studi, decretava che i 4 metri della sua navigata autovettura, non erano probabilisticamente alloggiabili nei 360 centimetri del parcheggio libero, giusto in fronte al ristorante scelto per la serata, una nuova ciccionata avrebbe, di lì a poco, avuto inizio.
Sa Domu Sarda. La casa sarda; accogliente rifugio, rassicurante Tempio del focolare che, varcata la soglia, il periglioso fuori disperde.
Scompariva allora il periglioso fuori, per i tre Triumviri ufficiali, in quel di Cagliari verso le nove della sera. Ad accoglierli, pochi istanti prima, era stata la targa del ristorante, saldamente fissata sulla facciata di via Sassari che, con giustificato orgoglio, ostentava il felice distinguersi del locale, nella guida “Osterie d’Italia 2011″.
Il primo impatto estetico che ci regala “Sa Domu Sarda”, è di certo quello di un’elegante abitazione rurale dei primi decenni secolo scorso.
Oltre l’uscio d’ingresso, l’avventore è accolto in una piccola sala con una ventina di coperti, arredata in stile spartano/rustico: soffitto in legno, pavimento di colore bruno, tavoli e sedie in arte povera, splendida credenza del ’900, caratteristiche damigiane di varie dimensioni costipate di tappi in sughero, mensole, suppellettili e attrezzi di estrazione spiccatamente contadina.
Più all’interno, troviamo una ben più ampia ma meno caratteristica sala, sormontata da splendidi archi a volta in pietra ed impreziosita con l’esibizione di alcuni costumi del folklore nostrano. Complessivamente l’ambiente appare gradevole e familiare.
Il servizio in sala, senza particolari pretese di puntualità e sollecitudine, è garantito da due giovinetti. Una graziosa e frenetica signorina, e un ben più rilassato ragazzo, sulla ventina.
Accomodati al loro tavolo, prima di procedere con le ordinazioni, gli ainini commensali potevano amabilmente disquisire sulle mirabolanti avventure dell’Ingegner Marrocu, recentemente protagonista di una annunciata e consumata escursione per alcune celeberrime città a vocazione turistica, nella parte più occidentale della vecchia ed amata Europa (escursione conclusasi il giorno prima).
Mirabolanti avventure, che invero non potranno essere comprovate da alcun supporto di natura fotografica, a causa di un concomitante quanto singolare inconveniente, occorso alla memoria SD della macchina digitale dello stimato Triumviro.
Il ristorante “Sa Domu Sarda” ha un menu essenzialmente di terra, particolarmente invitante in uggiose serate autunnali quali quella della ciccionata in esame. Imprescindibile nettare scelto per l’occasione, un inebriante e corposo vino rosso: cannonau Nepente DOC della cantina sociale di Oliena, stappato e servito, a dire il vero, con non adeguata e rituale attenzione.
Gli antipasti misti, ordinati come esordio dell’abbondante cena, sono stati piuttosto positivi e in linea con l’ortodossia della tradizione contadina sarda: tagliere di salumi (salamino stagionato e prosciutto crudo), ricotta affumicata, eccellente crema di pecorino piccate, buona salsiccia con cavoli, melanzane alla “carrettonera” con peperoni, mediocre favata con guanciale di maiale e, per concludere, spettacolari sizzigorrus (lumache) al sugo, espressamente richiesti come supplemento ai penta-antipasti di base. Da menzionare, infine, le ottime bruschette all’olio d’oliva, che accompagnavano felicemente il tutto.
Sottolineiamo, a questo punto, che sarebbe potuta essere conveniente e gradita, nel contesto della presentazione degli antipasti, una didascalica esemplificazione dei piatti, per erudire i curiosi ed ainini commensali sulla origine e provenienza delle varie pietanze assaggiate. Attenzione questa che, ahimè, non v’è stata.
Primi piatti differenziati per ciascheduno dei commensali, e così distribuiti: Culurgiones artigianali con noci e pinoli per Jesus (un po’ troppo al dente), Fregola allo zafferano, carciofi e pecorino per Ettore, Fregola a is sizzigorrus per l’Ingegner Marrocu. Complessivamente buoni, ma al di sotto di quello che ci si sarebbe aspettato in virtù dell’altisonanza della preparazione.
Sacrilega e imperdonabile la scelta e l’esecuzione del secondo piatto, inteso come breve assaggio dopo le abbondanti libagioni che l’avevan preceduto. Imperdonabile per i Triumviri dal punto di vista etico, perché scientemente oltrepassava la soglia del cannibalismo: carne di burriccu a “succhittu” (stufato). Imperdonabile per il cuoco che, con un fastidiosissimo eccesso di salatura del condimento, ha reso vano e intollerabile l’equide, fraterno sacrificio. Bruceremo tutti tra le fiamme de su forru!
Infine i dolci, anch’essi articolati in tre differenti scelte da parte dei burricchi, concludevano dignitosamente la cena e possono essere considerati complessivamente di buona fattura, anche se arrivati al tavolo con eccessivo ritardo. Crema catalana per l’Ingegner Marrocu, sebada al miele per il Raschione Ettore, panna cotta al creme caramel per Jesus, non assaporata con la giusta concentrazione per effetto del fastidioso – almeno per lui – aroma, che sopraggiungeva dal miele caldo, condimento della sebada del Raschione. Il rude Jesus, non ama in effetti i gusti e gli aromi che possano ricondurre a un minimo ipotetico sentore di dolcezza, reale o metaforica.
La cena si concludeva qui. Costo complessivo della serata, 38€ cada/burriccu, da giudicarsi adeguato.
Sa Domu Sarda, è senza dubbio un punto di riferimento per chi vuole assaporare l’atmosfera e i sapori dell’antica tradizione sarda. Il menù è piuttosto ampio e, nonostante questo, contempla rarità culinarie non facilmente disponibili alle cucine di altri ristoranti.
Purtroppo invero, un servizio non sempre all’altezza e qualche disattenzione di troppo nella preparazione delle pietanze, ci impediscono di ascendere il locale, alla gloria della nostra benevolenza.
VALUTAZIONE “Sa Domu Sarda”: Due Burricchi. | |||
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Ristorante Sa Domu Sarda |
Indirizzo: Via Sassari 51, Cagliari Telefono: 070653400 [mostra in google maps] |
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