gen
15
2014
Accademia – Interno
Scrivo la recensione. Non ho, e mai troverò il tempo di fare altro. Insomma, questo non è un esercizio speculativo né un omaggio alla filosofia, ma un’imprescindibile spettanza, un dovere e un possedere – in ordine alla geometrica composizione degli eventi – il senno di una necessità. Da qui partiamo e siamo sempre partiti. Qui ci troviamo e baluginiamo, come inetti e formidabili, come estraniati ed intromessi, come discenti e precettori, come semplici ed onorabili curatori del giardino di Academo, senza altra volontà nostra o altrui, con la consapevolezza di nulla aver da insegnare se non a noi stessi. Giusto ora ho il tempo di fare. Di scrivere la recensione, e così sia.
Accademia – Antipasto
La sera del Saggio. Giusto la brina e i vetri appannati della 150cv, sotto il pesante alitare di due famelici quadrupedi, sembrerebbe dare all’atmosfera la parvenza di un Inverno che, di fatto, non è mai arrivato. L’emozione della consumanda attesa, per la prossima divisata avventura alimentare, non tradisce la celere attenzione che Jesus e il Raschione Ettore ripongono nel dosare la velocità dei passi, con il malcelato intento di escludere all’Ing.Marrocu ogni privilegio di ammonimento, per i pochi minuti di ritardo accumulati. All’Incirca verso le 21.03, il ritrovato Triumvirato della ristorazione sarda, varca la soglia del ristorante.
Accademia – Ali di razza in brodetto
Peraltro, già nel recente passato i burricchi avevano avuto modo di visitare questi spazi, ma il locale aveva un altro nome e un’altra gestione. Nulla, in prima apparenza, ci risulta mutato nell’originale ordine estetico: una prima sala al piano terra, viene delimitata lateralmente dal lungo bancone del Bar, che si allunga fino alla cucina a vista. Un secondo ambiente, al piano superiore, appare più elegante e formale e si contraddistingue per tonalità cromatiche sul grigio e sul nero, nonché per qualche arzigogolato motivo sulle pareti. Il gentilissimo e numeroso personale – in prevalenza, del gentil sesso – accoglie l’avventore al suo arrivo, già disponendo i suoi soprabiti nel guardaroba, accompagnandolo su per le scale al tavolo a lui riservato ma (almeno nel nostro caso, per un apparente deficit di coordinamento) lasciandolo lungamente in attesa, prima di poter informarsi sul menù e comandare le bevande d’esordio. Veniamo investiti, al nostro ingresso, da un pungente e quasi fastidioso effluvio indefinito, all’inizio ricondotto, dalla illetterata quiescenza mnestica di Jesus, all’odore della vulgare polpa di granchio. Ovviamente, apprenderemo più tardi trattarsi, al contrario, di costosissimi Tartufi bianchi, che sarebbe comunque opportuno sigillare con cautela, data la smisurata propulsione aromatica.
Accademia – Gnocchi di patate
La complessità della proposta della “Accademia” ci lascia comunque spiazzati. Non vi è un menù “a la carte”, ma ci vengono presentati due percorsi degustazione di terra e di mare. Ovviamente scegliamo la seconda strada. E’ ben fornita la cartina, nella quale identifichiamo il vino preferito dall’ing.Marrocu: bianco Tharros I.G.T.”Karmis” delle cantine “Contini”, democraticamente anteposto, dopo accese discussioni, alla alternativa indicata dal Raschione. L’aspetto caratteristico e sostanziale del locale, però, è quello di dedicare particolari attenzioni alle famiglie con prole, avendo allestito per la figliolanza due sale con attività ludico-intrattenitive, gestite da personale qualificato e costantemente monitorate da telecamere collegate agli schermi visibili sulla parete Sud. Ovvero, potete leggerla in questi termini: se avete un giorno deciso – per una qualunque ragione che non staremo qui comunque a censurare – di mettere al mondo dei piccoli lanzichenecchi, avete la possibilità di farli confinare nelle anguste segrete del ristorante, per evitare che vi rompano le sfere di Dyson per tutta la cena. Purtroppo, in sede di prenotazione, avevamo già constatato come la detenzione coatta non fosse prevista per la categoria “Ingegneri”.
Accademia – Trancio di orata
Ad ogni modo, il proponimento iniziale viene rispettato in toto, salvo però uniformemente ridistribuire le pressioni gravitazionali tra tutti gli astanti in sala, la quale, per effetto dell’andirivieni dei terroristi in erba, diviene presto facilmente chiassosa: «pitticcu su dolor’e conca!»
Altra inusitata costumanza dell’”Accademia”, è quella di trattenere e intrattenere i propri ospiti mediante il periodico manifestarsi di esibizioni in stile flash mob, condotte non da attori o saltimbanchi, ma dagli stessi camerieri, che si improvvisano ballerini, cantanti e rumoristi. Il risultato finale di questa filosofia è gradevole dal punto di vista dell’intrattenimento ma esclude, ad esempio, la possibilità di scegliere il ristorante come primo tenero indirizzo per le novelle relazioni; questo, nonostante i pur romantici candelabri rialzati ai tavoli, con tanto di lumino d’ordinanza. Altro aspetto da considerare è l’efficacia del servizio; certamente più che sufficiente in termini generali, ma quasi interamente riposto nelle mani dell’unica esperta maître (tra l’altro già presente nella passata gestione) relativamente al contributo assoluto di qualità.
Accademia – Cruditè di ravanelli
Qualche piccola imperfezione, durante l’incedere della serata, dobbiamo in effetti registrarla, partendo da un certo difetto di coordinamento («scusate, i ragazzi hanno fatto confusione, i primi vi sono già arrivati?»), passando per la lentezza generale della cena (terminata oltre mezzanotte, ma questo possiamo attribuirlo alla sincronizzazione dei tavoli sul menù fisso) fino alla flemmatica modalità con cui ci è stato servito il vino: innanzitutto è arrivato il piede della seau a glace, poi è arrivata la seau a glace ed infine – quando gli antipasti erano stati per metà divorati -, è giunta la bottiglia. Con quest’ultimo dettaglio, terminano gli appunti che possiamo muovere al locale. Questo perché, sin da subito, abbiamo intuito come la cucina della “Accademia dei Gusti” avrebbe dimostrato una qualità dei piatti inusuale e preziosa, con pietanze non banali, composizioni ed esecuzione impeccabili, presentazioni molto ben curate.
Accademia – Dessert
L’Antipasto era composto da una sontuosa cruditè di gambero con delicatissima spuma di rafano, abbinata ad uno spiedino di cozze pastellate agli agrumi, maionese biologica, brunoise di verdurine e decoro di germogli di spezie. Seguiva quindi un ante-primo costituito da un “brodetto” di ali di razza leggermente piccante (al peperoncino fresco). Subito dopo, ci veniva offerto un “primo” più corposo: gnocchetti artigianali (esteticamente, più simili ai dadini) di patate novelle, con vongole, zafferano e pomodorini fragolini. Una delle creazioni più gustose mai provate, a memoria di burriccu.
Come secondo, la proposta era un trancio di orata in salsetta di bietole selvatiche e patate cotte al vapore, che l’Ing.Marrocu avrebbe preferito dal gusto più deciso, seguito da una semplice ma gustosa cruditè di ravanelli rossi “sfogliati”. Il dolce infine – accompagnato da un discreto moscato -, era un tris di delicatezze: torta di mele alla cannella, raviolino fritto, pere al cioccolato. Queste ultime invero, se il piatto fosse stato riscaldato prima del servizio, sarebbero divenute ben più accattivanti, avendo il cioccolato assunto una misura più morbida ed avvolgente.
La cena si concludeva quindi con tre caffè, un Rum “El dorado” per il Raschione e una grappa barricata per Marrocu. Prezzo complessivo (su una base di 25 euro fissi, non comprensiva di bottiglia e amaro extra) 31 euro cada-adulto, da giudicarsi inferiori per un buon 25% al giusto dovuto. Da menzionare, inoltre, la bontà dei panini offerti ed approvvigionati per tutta la serata.
Il Ristorante “Accademia dei Gusti” è veramente un’anomalia nel panorama della ristorazione cagliaritana. Una eccentrica mescolanza tra un ristorante di classe e lo spettacolo di cabaret di una nave da crociera. La cucina è deliziosa, mentre il servizio risente della impostazione strutturale, orientata alla teatralizzazione. Tre burricchi, con menzione speciale per il servizio di baby-sitting.
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nov
17
2013
Perella – Interno
Biddesartu, paese di campagna. Questo piccolo centro le cui terre furono dominate prima dai nuragici e poi da punici, romani, e che conobbero le incursioni dei vandali e dei bizantini, la presenza degli spagnoli, è la nostra meta. La Storia vuole che dopo un lungo peregrinare tre le cucine della moderna e femminista terra della Regina Elisabetta, a seguito di incontri con i mullah del medio oriente e poi con i sultani delle lontane Indie, una giovane fanciulla di montagna stregò un pacifico giramondo con la toque sul capo dal nome Paolo Perella. Il viaggio non è faticoso, la strada non è complicata. Nonostante il breve tragitto ci si riesce a fermare ben due volte. La prima per ammirare la bellezza tecnologica di un radiotelescopio di nuova realizzazione. Qui subito L’Ing. Marrosu polemizza sulla posizione dello strumento, facendo presente che quella zenitale sia totalmente inutile in quanto in quella direzione non si dovrebbe trovare nulla da osservare. Ne nasce un piccolo battibecco privo di logica e sicuramente di competenza; vengono scattate alcune foto dell’enorme apparecchio. Nelle vicinanze non c’è nessuno.
Perella – A tavola
La seconda fermata è motivata dal desiderio di caffè al fine di giustificare necessità fisiologiche in quel di San Nicolò Gerrei. Dopo pochi minuti si giunge nel centro abitato di Villasalto. Strade deserte e silenziose accompagnano il passaggio dei sei. Si percorre la strada principale alla ricerca del numero civico 8 del Corso Repubblica. Ancora silenzio, aria più fresca e il suono singolo della campana dell’una. Brevissima passeggiata non troppo apprezzata dagli avventori di sesso maschile durante la quale l’Ing. Marrosu pone quesiti rispetto alla capacità di isolamento termico degli infissi utilizzati nelle abitazioni del paese. All’improvviso ci si trova di fronte al numero civico 8. Una piccola palazzina ospita al piano terra la sala e la cucina del Sig. Paolo Perella Si entra nel locale e subito si è accolti in modo caloroso, delicato e confidenziale al punto tale che L’ing. Marrosu si presenta dichiarandosi con questa sua nuova identità.
Perella – Antipasti
Ci si accomoda attorno a un grande tavolo rettangolare in un ambiente di piccole dimensioni. Alle pareti sono appesi immagini di antenati, di altri familiari e diplomi di merito. Il soffitto è in doghe dorate. Vasi con felci separano i vari tavoli garantendo la riservatezza degli ospiti. Il tavolo è apparecchiato in maniera semplice ma arricchito da agrumi, melagrane, mele cotogne, da un cesto di ghiande e uno di noci marocchine. Un decanter con cannonau biologico di proprietà fa bella mostra di sé al centro del tavolo in compagnia di un cesto di pane preparato con semola e latte di capra e senza mai usare, come ben precisa lo chef, l’acqua e la farina. Pane di un gusto tale che perfino il Raschione Ettore, riferendosi in particolar modo al carasau, definisce di una bontà eccezionale se non unica.
Perella – Antipasti e Cavolo
Vengono poi serviti dal Sig. Paolo Perella una serie di antipasti: crema di caprino invecchiato nelle botti di carrube con noci (ricetta di Orgosolo), tomino di pecora con tartufo di Nuoro, ricotta di giornata e mozzarella caprina, vassoio con prosciutto crudo stagionato quaranta mesi e salame di capra, cavolo con peperoni, olive e noci del Marocco, frittelle a base di latte caprino, melanzane, mela cotogna, tortino di cavolo, noci e succo di melagrano (ricette di Caprera). Tutti i piatti vengono piacevolmente descritti dallo chef, che risulta essere l’unico cameriere presente in sala, con digressioni sulla tipologia e qualità delle materie prime e sulle origini delle ricette. A seguito della descrizione dei piatti invita la compagnia a mangiare lentamente “qui è slow, non come nei ristoranti di Cagliari dove …“.
Perella – Ravioli
Tutto è eccezionale: la ricotta per la leggerezza, così come la mozzarella, La crema di caprino guarnita con noci per la semplicità, il tomino con il tartufo di Nuoro per la vivacità, Il prosciutto per la dolcezza, il salame per il suo gusto interculturale. Ogni pietanza acccarezza la gola. Il cavolo insaporito con peperoni, olive e noci del marocco, le frittelle e il tortino completano con gusti antichi l’insieme degli antipasti. Gusti caserecci. Il Sig. Perella ci tiene a precisare che la sua è la cucina delle vecchie cuoche di Orgosolo, dell’Isola di Caprera, delle tradizioni: “Potrei anche dire di inventarmi questi piatti, ma farei un torto alle donne che mi hanno fatto dono di questa conoscenza.”
Perella – Funghi di carne
Al termine degli antipasti viene introdotto in tavola un vino leggero alla maniera di Santandi per le feste. Un vino per la digestione, frizzante e aromatizzato alle carrube, che viene particolarmente apprezzato dalle signore, nonostante la presenza di moscerini morti annegati. Tra qualche chiacchiera e dopo qualche tensione a seguito del quasi sputtanamento da parte dell’Ing Marrosu, Il Sig. Perrella si avvicina al tavolo rivolgendoci la seguente domanda: “Ma voi che lavoro fate? Vi ho visto particolarmente attenti!!” Dopo qualche minuto o forse dopo una decina di minuti arriva il primo. Ravioloni di pasta fresca di grano Capelli con ripieno di formaggio di capra, cipolla, e ghiande macinate, il tutto secondo la tradizione urzulese accompagnato da un dolcissimo sugo di pomodori freschi.
Perella – Castrato di capra Cordula
Anche il primo passa tra i sorrisi e il compiacimento dei commensali. Insieme ai ravioli bicchieri del cannonau biologico e del vin bianco con carrube. Ancora momenti di pausa e poi l’ingresso dei secondi e del contorno. Funghi di carne di aridelli (albero della famiglia dell’olivastro) insaporiti con olio, aglio, e noce moscata, questa giunta in seme dall’india a macinata con partiolari macchinari dal Sig. Perella. A seguire un dolcissimo arrosto di capretto castrato insieme a una cordula, il tutto accompagnato da qualche patata e da cipolle. Anche i secondi, tra qualche perplessità, si mostrano all’altezza. E ancora del cannonau e del vino bianco.
Gelato al pistacchio
Pan di spagna
A seguire bis di dessert: prima un apprezzatissimo gelato al pistacchio di Bronte, senza zucchero e dolcificato con miele di corbezzolo, guarnito con una riduzione di vino cotto e, a seguire, torta antica di pan di Spagna integrale. In conclusione caffè accompaganto da liquore di carruba, liquore di mirto e liquore di ginepro. Nota di merito per il dolcificante proposto con il caffé: uno squisito zucchero di canna grezzissimo con meraviglioso aroma di liquirizia tipico dei mascobado di più alto livello. Il pranzo si concludeva nella piena soddisfazione dei sei. Costo cadauno: 55€, considerato circa del 10% oltre il dovuto.
Sostanzialmente tutto ottimo; forse ci si sarebbe aspettato qualcosa di più eccentrico. In questa occasione lo chef ha sicuramente badato alla sostanza piuttosto che giocare sulla stravaganza e sulla complessità dei piatti. Più forma che sostanza per un pranzo realizzato con un eccellente qualità delle materie prime e un corretto equlibrio nella misura delle quantità. Una considerazione particolare per la gentilezza del Sig. Perella che ci ha saputo coccolare, raccontare il territorio e qualche aneddoto della sua vita. Quattro burricchi con pieno merito.
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dic
24
2011
Bianca la neve sulle colline. Nero il cielo della notte, luttuoso velluto brillante di festa. Variopinti i colori dei pacchi dono che, saldi e immortali sotto gli alberi del Natale, invocano il loro arrogante destino il quale, come ogni fine dell’anno, nei tempi dell’impero del vile denaro, essi attende.
Doni di circostanza, doni d’affetto; doni bramati, disattesi, sofferti, sospirati, rinnegati e infine respinti, perché non per tutti e non in tutte le case il Natale, il giorno della vigilia, significa diletto, ma per qualcuno ha l’amaro e dolce sapore dell’addio.
Buone feste a tutti e tutte le fan da parte del Donkey Challenge ❤!
Rinnegati i colori di questa insensata comune gioia, perché così è – se vi pare –, e trainati dal galoppo di 150 possenti renne, la notte dell’antivigilia un nero figlio Natale Jesus (perdonerete la confusione) e il suo fiero assistente Raschione Ettore, galleggiavano lascivamente in un cielo senza stelle, non più a dispensare strenne e scontata allegria, ma per arrogare a sé i piaceri e i doni dell’essere, che prescindono da quella sublimazione dei sensi che voi usate chiamare amore, ma che esplodono di mille sfumature dell’oro e dell’argento, là dove l’assuefatto e disattento uomo dell’oggi non arriva a scorgere.
Hibiscus – Fiore di guttiau pomodorini capperi
Hibiscus – Panini al latte, letto di Carasau
Celati con il nome di un fiore, i licenziosi piaceri dell’essere, i tre Donkey ufficiali
– Jesus, Raschione Ettore, Ing.Marrocu – , quest’oggi li hanno trovati nel celebre Ristorante Hibiscus, sito nella centrale via Dante, in Quartu Sant’Elena.
Il locale è alloggiato in quella che, a parte l’assenza di un porticato, ha la tipica struttura delle case campidanesi, con un piccolo cortile centrale, circoscritto da differenti e variegati ambienti, topologicamente disposti a ferro di cavallo o, se volete, a U.
La sala del ristorante/bisteccheria si colloca sull’estremità Nord-Ovest del cortile di ingresso ed è integrato, con tutta probabilità, in un locale un tempo adibito a masseria o granaio. L’arredamento e l’anima stilistica complessiva, appaiono invero piuttosto indecifrabili. Le rifiniture sulle altissime pareti ricordano (o esaltano) le murature in “ladri” (mattoni di fango e paglia). Gli imponenti architrave in legno e il tetto in pannelli di truciolato, richiamano l’impronta contadina della sala, così come le piccole feritoie, le mensole in legno e gli eleganti punti luce, che esaltano alcune vecchie bottiglie di vino, impreziosite da suggestive ragnatele (non sappiamo se parte integrante della scenografia).
Hibiscus – Zuppetta di cozze e arselle
In fondo all’ambiente signoreggiano uno splendido camino/barbecue e un più discutibile bancone delle carni, con annesso frigo delle bevande. Altrettanto opinabile la scelta delle tovaglie di plastica, con appariscenti decori dalla natura dozzinale/casereccia e la presenza di un TV LCD e di un proiettore maxi-schermo.
Particolarmente eleganti invece le ceramiche impiegate lungo l’incedere della cena, che per alcune portate potevano ricordare signorili ciotole di cuoio piane.
Assolutamente ineccepibile il servizio in sala, quasi unicamente tenuto e condotto da una graziosa e gentile giovinetta, probabilmente la figlia del padrone di casa, lo chef Nino Figus, che compariva e scompariva dalla sala, con il proponimento di dirigere le operazioni e interagire con i non numerosi clienti.
Hibiscus – Tortelli di spigola
Accomodati ad una comoda e pratica tavola rotonda, su non troppo solide sedie in legno, i Donkey potevano quindi iniziare la loro nuova passionale avventura. Esordio cortese e molto gradito con uno spumante di benvenuto, accompagnato da un fiore di pane guttiau con pomodorini, buonissimi capperi sotto sale e olio d’oliva; poco dopo sarebbero arrivate delle superbe sferoidali pagnotte al latte, su letto di eccellente pane carasau. Scelta inevitabile l’assaggio di antipasti di mare, accompagnati da un vermentino di Gallura DOCG, Canayli. Gli antipasti sono, senza mezzi termini, risultati tutti eccellenti, in termini di genuinità, presentazione estetica e accostamento di sapori, tanto da tradire ben subito l’impronta esperta e raffinata dello chef.
Hibiscus – Soufflé ghiacciato alle arance
Arrivavano quindi, al tavolo degli asinini commensali: bottarga di tonno su letto di rucola, basilico pomodorini e aceto balsamico, flan di pecorino con bottarga su vellutata di crescione, insalata di astice con pomodorini e agrumi, tortino di pecorino fiore di gavoi con uova di quaglia su letto di pane carasau, per terminare con la più strepitosa zuppetta di cozze e arselle mai assaggiata dai navigati Triumviri, onorata con scarpetta finale: sublime!
Di altrettanto indiscusso livello i primi piatti: gloriosi tortelli di orata con polpo fritto e frutti di mare per Jesus, maestosa fregola con crostacei e porcini per Ettore e Marrocu. Chiediamo scusa per non poter riprodurre quest’ultimo piatto, per effetto dei rigidi controlli di qualità, che hanno inesorabilmente escluso, nostro malgrado, la relativa rappresentazione visiva.
Hibiscus – Semifreddo alla liquirizia
Hibiscus – Croccante alle mandorle
Valutata l’abbondanza delle ottime pietanze fino ad allora consumate, e in considerazione dell’avvicinarsi di prossime comandate libagioni, i tre decidevano di orientarsi subitamente ai dessert: spettacolare soufflé ghiacciato alle arance amare per Jesus, croccante alle mandorle su crema di fragole per Ettore, semifreddo alla liquirizia con crema e cannella per Marrocu, tutto accompagnato da un ottimo moscato passito.
Il pasto quindi volgeva al termine con un caffè per Jesus e un Jagermeister (assente la liquirizia) per il Raschione.
Costo complessivo della cena: 46€ cadauno, da giudicarsi adeguato se non finanche inferiore alla qualità delle pietanze e alla gradevolezza del servizio.
Indiscutibile l’altissima qualità della cucina, le uniche marginali critiche che possiamo rivolgere al ristorante Hibiscus sono l’impronta non pienamente definita dell’ambientazione, e la scomodità dei servizi, a cui è possibile accedere esclusivamente lungo un breve percorso al freddo e al gelo.
Dalla gelida scenografia della mangiatoia, Jesus e gli alitanti Burricchi vi augurano Buon Natale!
Nota: a seguito di ulteriori personali e congiunte visite al ristorante, che hanno consentito di assaporare un numero considerevole di straordinari piatti sempre nuovi e creativi, abbiamo ritoccato al rialzo la nostra valutazione, assegnando una menzione speciale per l’instancabile e meritoria azione sperimentatrice dello chef Figus. La cucina e il servizio dell’Hibiscus si impongono senza dubbio al top tra i ristoranti da noi visitati, mentre il giudizio complessivo continua a difettare del sommo riconoscimento, a causa di una location pur accattivante, ma con qualche strutturale difetto.
VALUTAZIONE “Hibiscus”: Quattro Burricchi con menzione speciale. |
Ristorante Hibiscus |
Indirizzo: Via Dante Alighieri 81, Quartu S.E.
Telefono: 070881373 [mostra in google maps] |
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3 commenti | tags: aceto balsamico, agrumi, antipasti, arance, arancia, arselle, basilico, bottarga di tonno, brindisi, caffè, cagliari, canayli, cannella, capperi, commenti, conto, cozze, crema, crema di fragole, croccante, crostacei, docg, fiore di gavoi, flan di pecorino, fregola, funghi porcini, hibiscus, indirizzo, insalata di astice, jager, jagermeis, letto di rucola, limone, liquirizia, mandorle, mappa, moscato, nino figus, olio d’oliva, opinioni, pane carasau, pane guttiau, panini al latte, passito, polpo fritto, pomodori limone, pomodorini, prezzo, qualità, quartu sant’elena, recensione, ristorante, sardegna, semifreddo, soufflé, spumante, telefono, tortelli di spigola, tortino di pecorino, uova di quaglia, Valutazione, vellutata di crescione, vermentino di gallura, zuppa di cozze
mag
16
2010
Buongustaio – Pane carasau
Carissimi fan, nel cuore della notte mi accingo stoicamente a scrivere, affrontando la mia proverbiale inerzia, il nuovo atteso articolo, dopo essere stato fortemente cazziato dal raschione Ettore, triumviro stimabile e apprezzato quest’oggi per essersi prodotto nell’importante passo dell’acquisto del proprio iPhone che, parimenti all’avanguardista Jesus, a breve sfoggerà sui tavoli dei ristoranti cagliaritani, a differenza del deprecato burriccu Pg, che persegue nell’uso e abuso del suo obsoleto e ingombrante LG KF700, quest’oggi impiegato per prendere appuntamento con il suo visagista personale.
Scelta dell’ultimo minuto, dopo alcuni tentativi andati a vuoto quest’oggi, é stata quella del ristorante “Buongustaio”, di via Concezione in Cagliari, non distante dal già recensito “Ristorante Italia”.
A questo proposito, é mia intenzione lanciare un accorato appello agli esercenti cagliaritani, perché si avvezzino nel curare con maggior impegno il lato comunicazione verso i possibili avventori che, a lungo andare, potrebbero irritarsi nel tentare inutili approcci telefonici alla prenotazione: dieci anni!!!
Buongustaio – Bottarga e burrida
Ma passiamo, senza indugi ulteriori, al rendiconto della settimana. Ristorante Buongustaio, quindi. Personale estremamente gentile, professionale ma alla mano. Accoglienza positiva: sfizioso pane carasau, insaporito con buon olio extra vergine d’oliva sardo, che ha subito prodotto devastanti effetti di propagazione e replicazione del famigerato unguento, su ogni oggetto o peccaminoso pensiero afferrato da Jesus nei minuti successivi.
Il Menu offriva ottimi antipasti di terra e di mare. Di questi, i triumviri hanno proceduto a ordinare i secondi, commisurati al numero dei commensali. In effetti, considerando il fatto che il Quanto di ordinazione previsto per suddetti antipasti era “due persone” e che l’approssimazione non poteva essere fatta per difetto, alla fine le porzioni si sono rivelate più che abbondanti.
Buongustaio – Carpaccio di salmone
La varietà e la fantasia delle portate prodotte é stata all’altezza della situazione: scaglie di bottarga con olio e sedano, burrida, carpaccio di salmone, insalatina con seppiette e calamari decorata da cannella caramellata (ndr. vedi commento Ettore), insalata di polpo al radicchio, eccellenti frittelle ripiene da una non meglio precisata bontà di mare, le immancabili cozze accompagnate da un delizioso sughetto comprensivo di crostini inzuppati.
La qualità del tutto é risultata complessivamente buona, a parte forse l’eccessivo impiego di verdure, che non sembravano sposarsi in maniera impeccabile con i sapori a cui eravamo abituati. Difetti ed effetti collaterali della nouvelle cuisine.
Buongustaio – Spaghetti alla capra di mare
Per ragioni di spazio non é stato possibile inserire ulteriore documentazione visiva per gli antipasti.
Passiamo invece ai primi piatti. Per Jesus, scenografici spaghetti con capra di mare che, a dire la verità, non sono sembrati all’altezza del lontano ricordo di quelli assaggiati circa un anno fà quando, in quel di Firenze, si accompagnava al dottor Melis e al Burriccu Pg, per una visita di piacere e soggiorno extra-lusso.
Il burriccu Pg ha scelto invece uno pseudo-anonimo piatto di ravioli, mentre il triumviro Ettore convergeva, dopo aver visto declinati gli auspicati spaghetti ai ricci, verso la consueta fregola alle arselle, a suo dire più che eccellente.
Buongustaio – Sarago arrosto
Superata la contraddittoria fase dei primi, che é risultata soddisfacente per il raschione Ettore e abbastanza anonima per Jesus e il burriccu Pg, I secondi, ordinati e fagocitati, hanno invece espresso una unanimità di consensi. Pg si orienta su un abbondante piatto di seppiette arrosto (“ottime“), Jesus, dopo breve consultazione con il raschione sceglie, tra le numerose portate nel menù, un gustosissimo sarago arrostro condito con semplice limone, mentre Ettore decide di optare per un rassicurante piatto di calamari fritti. Possiamo sicuramente affermare che l’abbondante scelta articolata nelle numerose vici del menù, è sicuramente una delle migliori caratteristiche del ristorante. I burricchi apprezzano.
Buongustaio – Calamari fritti
Prima di terminare con il resoconto del dolce, mentre ancora potete apprezzare il raschione intento nella degustazione dei suoi calamari, c’é da segnalare l’incursione del solito ambulante senegalese al tavolo dei tre, intento a voler rifilare le sue similvere rose rosse, noncurante della cruda espressività della scena di fronte ai suoi occhi: “siamo tutti cacciavite“!
Fattagli notare la poca appetibilità della sua proposta commerciale, il tenace ambulante si rifaceva avanti con una più verosimile offerta, che interessava un improbabile braccialetto in stile senegalese, probabilmente made in china. Alla modesta richiesta di cinque euro, come controparte economica per l’acquisto, un quasi inorridito Jesus prontamente rispondeva: “cinque mi pare poco, te ne do dieci“!
Buongustaio – Torta russa
Formalizzato l’acquisto, i triumviri ordinavano il dolce. Seadas per Pg ed Ettore, mentre Jesus si faceva convincere dal burriccone nella scelta di una “Torta russa”, che scoprirà poi farcita da una ipercalorica crema di cioccolato. Sapete bene come il vostro amato Jesus non vada eccessivamente pazzo per i gusti spiccatamente zuccherini, cosa del tutto ignorata dal burricu, che anzi indirizzava fraudolentemente il commensale verso un dolce che avrebbe potuto fare suo qualora fosse stato da lui ripudiato. Scoperta questa bassa macchinazione a sfondo lipidico, Jesus resisteva stoicamente terminando controvoglia la sua porzione di torta.
Immancabilmente, il pranzo termina con amari e caffé. Ponderando la quantità e la qualità delle pietanze ordinate, il prezzo finale di cento euro é sembrato ben commisurato.
Ovviamente, considerando le declassate appendici tecnologiche a cui si accompagna e le sue ultime insistenti e poco decorose lamentele su spese e costi imprevisti da affrontare, al ribattezzato “short arms” burriccu Pg é stato concesso un pietoso sconto sulla quota pagata.
Data la situazione oramai disdicevole, i triumviri Ettore e Jesus stanno valutando la possibilità di accogliere, per la celebrazione della rituale liturgia del sabato, nuove candidature, da parte di nostri proponenti facoltosi fan – causa possibile epurazione interna.
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