Antico Caffè 1855 – Cagliari
C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico.
C’è un ricordo lontano, non vissuto, di tempi andati, di gestualità pensate, di solenni raffinate eleganze, di amore per la forma e di diverse forme d’amore, narrate dalla posa scolorita di un vecchio dagherrotipo, fossile ingiallito ed impressione eterea di una Cagliari che fu.
Fu qui anche e prima di tutto Cagliari, al suo antico caffè. E ci fu con la sua luminosa bellezza, con il suo stile liberty, con l’imperfetta smisurata superbia, con il sentirsi ed essere città europea, protetta e custodita entro il rigido e culturale confino del ferro battuto, sulla prestigiosa terrazza che dà sulla Via.
Ancora oggi, come allora, c’è sempre una pretestuosa teiera, adagiata su quel tavolino; poco importa se sedute intorno non sono più Emilio Lussu o Grazia Deledda, ma tre “composte” e spensierate fanciulle nel fiore degli anni e dai capelli laccati. Non saranno proprio discorsi di lotta e di struggenti altipiani, ma l’importante è trovarsi lì. All’Antico caffè.
Giovedì sera, ore 21.15. Onestamente, nulla di più distante dalla raffinata eleganza dei caffè di inizio ’900, ispirerebbe l’immagine di Jesus e del Raschione, che frettolosamente percorrono il Viale Regina Elena, con stampato in faccia l’impudico ghigno di chi ha appena inc… un parcheggio ad un povero cristo, con una dissennata quanto repentina inversione a U. Tra l’altro, le proteste dello sfortunato automobilista di turno sono durate ben poco, il tempo per Jesus di discendere dall’auto del Raschione e manifestarsi nel suo consueto abbigliamento da “Sono io quello che state cercando”.
La non brevissima attesa dell’Ing.Marrocu – che nel frattempo si era concesso un estemporaneo giro turistico per le strade tutt’attorno – , veniva ravvivata dalle lontane escandescenze di un pittoresco viandante, ben noto al chiacchiericcio della vita sub-urbana, conosciuto come quello a cui «hanno rubato i colori… i coglioni!»
L’Antico Caffè, ex Caffè Genovese, ha il vanto di essere uno tra i più antichi e rinomati locali del capoluogo. Il caffè, ha accompagnato la crescita economica e culturale della Cagliari aristocratica per oltre un secolo e mezzo, ed è stato ludico serbatoio di ispirazione per scrittori, intellettuali, artisti sardi e stranieri, tanto da essere riconosciuto come edificio di interesse storico dal ministero dei beni culturali. Ormai superati gli anni eterni di quell’indisciplinato fervore, il locale – collocato allo spigoloso punto di congiungimento del Viale Regina Elena con la Via Sulis, verso Piazza Costituzione – ha subito, una quindicina di anni fa, una importante ristrutturazione, ma ancora adesso conserva buona parte del suo suo fascino antico. C’è ancora la celeberrima inferriata al perimetro della terrazza, al presente riparata dai rigori invernali per mezzo di una vetrata, oltreché da una copertura superiore in tela. La sala interna si mantiene sobria ed elegante; contraddistinta da pareti color paglierino, arcate in muratura, elementi basali lignei, raffinati punti luce e stampe istorianti il passato cittadino. Sopra il dualistico pavimento di palese simbologia massonica, si alternano tavolini tondi e squadrati, tanto da ricondurre la propria dimensione allo storico e disimpegnato caffè, piuttosto che a un moderno ristorante, mentre il lungo bancone del bar avvolge lateralmente la zona Est della sala, parzialmente celata da un tramezzo strutturale centrale.
Al nostro arrivo scopriamo – non certo imprevedibilmente – che il Raschione aveva in realtà prenotato un tavolo nella sala interna, piuttosto che l’accomodo che ci veniva assegnato sulla terrazza. Poco male, i compagni Triumviri impongono di sostare dove la quasi totalità (escluso il Raschione, appunto) degli avventori desierebbero desinare in una tiepida serata primaverile. Credo che non mi dilungherò nello descrivere la tipologia degli eredi di D’Annunzio e Quasimodo, che usano oggi frequentare questi spazi; mi limiterò a segnalare, quanto sia parimenti probabile trovarli distesi sui divanetti del “Libarium”, al “Peek a Boo” o al massimalista “Tupa Ruja”, con il SUV di ordinanza parcheggiato sopra il marciapiede.
Il personale è numeroso, gentile, formale e – nonostante qualche piccola disattenzione durante la nostra serata – certamente ben preparato, pur comunque mantenendo un apprezzato ed empatico raccordo col il cliente, a tal punto da provvedere esso stesso all’acquisto delle “Malboro” dell’ing.Marrocu, che ci ha fatto l’onore di poter contribuire alla sua licenziosa abitudine, condividendone il costo nel conto finale!
Il menù alla carta appare equilibratamente esteso, in termini di numero di portate, ed intelligentemente strutturato per la natura stessa del ristorante. Nei sette antipasti disponibili non compare alcunché di impegnativo da cucinarsi per uno chef, ma l’ottima qualità degli ingredienti e la loro azzeccata composizione, ne determinano una indiscutibile appetibilità, seppure con qualche difetto nell’estetica dell’impiattamento (almeno con riferimento ai piatti ordinati dai burricchi). Il vino scelto per la serata, un ottimo Vermentino di Sardegna DOC “6 Mura” etichetta nera, è stato superbamente presentato e mesciuto dal maître che, chissà per quale ragione senza indugi e senza indicazione alcuna, si è rivolto direttamente all’Ingegner Marrocu, concedendoci uno dei più solenni e ben teatralizzati rituali dell’assaggio, a cui tutti siete ormai abituati: «strepitoso!»
Come su accennato, i quattro differenti antipasti, scelti dai burricchi per deliziare il loro palato all’esordio della cena, si sono dimostrati particolarmente gustosi ed appetibili, nonostante risultassero piuttosto semplici nella preparazione: involtini di mustela (lonza di maiale) con gorgonzola (il formaggio pecorino della ricetta originale non era occasionalmente disponibile) e pere; mozzarella di bufala con salmone King e pomodorini su base di rucola; carpaccio di polpo con misticanza di verdure; “selezione di formaggi e mostarde”, in realtà composta da cubetti di emmenthal, pecorino asiago e gorgonzola, accompagnati da miele e confettura di fichi. Da segnalare, inoltre, l’ottima qualità dei panini e del “carasau”, approvvigionati durante tutto l’incedere della serata e praticamente quasi per intero divorati dall’Ing.Marrocu (che mentre scriviamo, sorseggia vino scandinavo in quel di Oslo, ndr.).
Diverso e contraddittorio il discorso che dobbiamo affrontare in merito ai primi piatti. Pur manifestando apprezzamento per le integerrime “tofiette” con asparagi e ricci di mare assaporate dal Raschione, i problemi si sono manifestati nella portata scelta da Jesus e dall’Ing.Marrocu: linguine all’aragosta. Nonostante il giudizio dell’ingegnere si limitasse a sostenere che, seppur ottime al gusto, manifestavano un semplice eccesso di sale, il meno tollerante palato di Jesus e il severo giudizio del Raschione le hanno invero valutate errate nella cottura (di pasta e aragosta, che in certi punti risultava gelatinosamente cruda), imperfette nella mantecatura, sconsiderate nella sapidità, e discutibili dal punto di vista della qualità del crostaceo. Ad ogni qual modo, fatta notare la cosa, il mortificato cameriere si proponeva di farne preparare rapidamente un’altra porzione e, in subordine alla rigida dispensa di Jesus, di riconsiderare il conteggio del conto economico. In ogni caso, apprezzabile.
Su opulenta iniziativa dell’Ing.Marrocu, a lavare l’onta del primo piatto – nonostante lo scetticismo di Jesus, che sarebbe volentieri passato ai dolci – ci avrebbe pensato, di lì a poco, la sublime presentazione del “Trionfo” di gamberi e scampi alla “ammiraglia” (cotti al vapore) con salsa citronette di accompagnamento; qualità e gusto degli scampi veramente paradisiaca, e lacrime agli occhi per l’entusiasta Ingegnere.
Immancabilmente, spazio restava ancora per i dessert, che venivano comunque preceduti da un improvvisato intermezzo dello chef: delizia con crema di caffè, cioccolato e granella di nocciole, molto delicato ed equilibrato di gusto.
Jesus e l’ing.Marrocu potevano quindi apprezzare una eccellente realizzazione di creme catalane – accompagnate rispettivamente da un passito “Angialis” IGT di Argiolas e da un “Chateau Haut Monteils” 2007 di Sauternes – , mentre il Raschione godeva infine di una ottima crepe alla crema di castagne e liquore maraschino, e di un Angialis.
La cena così terminava, senza ulteriori orpelli alimentari o vinicoli. Costo complessivo della serata 65€ cadauno (spontaneamente integrati a 70), probabilmente limati sulla pasta all’aragosta di Jesus e sulle sigarette del Marrocu, da giudicarsi adeguati per l’ambientazione e per la qualità del servizio, meno per l’appetibilità media della cucina.
Tempio e custode di una antica cultura e di abitudini tanto lontane quanto a noi care e vicine, l’Antico caffè trasuda di atmosfere e di storie della Cagliari che fu riproponendole e abreagendole nella rituale gestualità del proprio personale. Elegante l’ambientazione e convincente, seppur con qualche distinguo, la cucina. Impossibile, per qualsiasi cagliaritano, non varcare la sua soglia almeno una volta. Tre burricchi con menzione speciale.
VALUTAZIONE “Antico Caffè”: Tre Burricchi con menzione speciale. | |||
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Ristorante Antico Caffè | Indirizzo: Piazza Costituzione 10/11, Cagliari Telefono: 070666569 [mostra in google maps] |
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