apr
23
2011
El Sabor Argentino – Interno
Se non fossimo consapevoli che innanzi agli occhi dei nostri attenti lettori compare, qui accanto e per nostra scelta, l’ormai ovoidale figura del Burriccu Pg – il quale, nella sua forzata posa, ogni alto e nobile pensiero interdice -, volentieri guideremmo ciascuno di loro nel chiudere gli occhi, per trovarsi immersi negli sconfinati spazi verdi delle Pampas argentine, circondati dagli odori della natura, accarezzati dall’impetuoso e genuino tramestio del galoppare di gauchos a cavallo, fino a raggiungere col pensiero l’uscio di una tipica magione del luogo, pronta ad accogliere con alimentare benevolenza, l’affamata richiesta di ospitalità, proferita da quattro occasionali gringos burricchi.
El Sabor Argentino – Provoleta, Empanadas criollas
I quattro gringos, per questa occasionale ed anomala ciccionata “By Night”, sono i Biumviri ufficiali Jesus e Raschione Ettore, il già citato burriccone Pg e lo stimato Ing.Melis; quest’ultimo, catturato e trascinato nella nuova entusiasmante avventura culinaria, dalle seducenti bolas del Raschione Ettore, che con astuti ed empi paralogismi sulla Passione di Jesus, riusciva capziosamente ad accendere l’idea che potesse trattarsi di una serata “tottupagau”.
La passione è invece arrivata per il burricone Pg, che ha visto – complice la buona cerveza argentina – tramutare il naturale disforico malumore di Jesus crocifisso, in altèra appercezione, con conseguente glorificazione propria, degna dei più folli precetti di Erasmo da Rotterdam.
El Sabor Argentino – Chorizo criollo
Il ristorante è esteticamente ben curato ed invitante; un’unica sala non troppo estesa alloggia una decina di tavoli dallo stile sobrio ed essenziale.
Il sapiente utilizzo di colori dalle tonalità fulve e il soffitto in legno rendono l’atmosfera calda ed accogliente, così come ci si aspetterebbe nella lontana, affascinante America del Sud.
Completano l’arredo minimalista alcune piccole stampe e semplici mensole alle pareti, sostegno di numerose bottiglie di vino rosso argentino. Segnaliamo inoltre, ad integrazione del piacevole quadro estetico generale, un ben percettibile muliebre contributo, determinato – non sappiamo quanto accidentalmente, ma è comunque una buona ragione per ulteriori verifiche – dalle appariscenti avventrici, presenti in sala.
El Sabor Argentino – Parillada
Ci accomodiamo ad un ampio e comodo tavolo squadrato, adagiato sulla parete. Siamo serviti da una graziosa e gentile cameriera, solertemente prodiga nel dettagliarci sulle caratteristiche delle varie pietanze presenti in menu – alle quali, per ovvie ragioni antropologiche, non siamo avvezzi – anche se forse, un indice di profusione parole/minuto meno performante avrebbe maggiormente facilitato la nostra comprensione.
Sulla tavola era già presente, anticipatamente stappata, una bottiglia di buon vino rosso (ovviamente argentino), da considerarsi come auspicabile bevanda di default. Non sappiamo se questa sia una consuetudine dei locali sudamericani, ma il Dottor Melis e Jesus decidevano l’overriding del suggerimento, con la scelta di un’ottima cerveza (birra) Quilmes. Il Raschione ed il Burriccu Pg optavano invece per un un singolo calice di vino, non essendo per loro due proponibile la tracanna di un’intera bottiglia.
El Sabor Argentino – Papas fritas a caballo
I quattro burricchi scelgono di esordire nella cena, con un trittico di tipici antipasti argentini, a base di carne e formaggio.
Si inizia con una Provoleta, ossia una eccellente provola fondente alla griglia, condita con origano e servita in tegame. Alla Provoleta seguiva un piatto di Empanadas criollas, cioè fagottini di carne macinata, leggermente speziata, scenograficamente accomodati da una sorta di cappuccio di carta nera. Chiudeva infine il trittico il Chorizo criollo, della buona salamella, da condirsi con il cosiddetto “chimichurri“, una salsina speziata agrodolce preparata con olio, peperoncino, prezzemolo e aglio, ma non eccessivamente invasiva dal punto di vista del gusto.
El Sabor Argentino – Papas al horno
Primo ed unico grande piatto della serata, è stata la splendida e caratteristica “Parillada” di carne: una grigliata mista di filetto, controfiletto ed entrecote di angus, rigorosamente argentino. Il tutto servito al tavolo, direttamente sulla funzionale e scenografica griglia di cottura in acciaio, con la brace ancora viva al suo interno. La qualità della carne assaggiata, dobbiamo dirlo, era a dir poco eccezionale in termini di tenerezza e gusto, oggettivamente di un’altra dimensione rispetto ai bovini dei pascoli nostrani.
Per accompagnare tali prelibatezze, i commensali si affidavano alle Papas al horno (patate al forno) per quanto riguarda Pg, Ettore e il Dottor Melis, mentre Jesus sceglieva di darsi il colpo di grazia con le Papas fritas a caballo, una sesquipedale porzione di patatine fritte cavalcate da un uovo al tegamino. Colesterolo allo stato puro!
El Sabor Argentino – Panqueques
Non paghi delle dissolute frivolezze, fino ad allora condotte contro i propri inermi trigliceridi, i burricchi non volevano comunque rinunciare al rito dei Postres (dolci). Mentre il Dottor Melis optava per delle Panqueques con dulce de leche (Crepes al dolce di latte), il vecchio gruppo storico Triumviro veniva semioticamente accomunato dal “Don Pedro“, un opulento gelato alla vaniglia, letteralmente affogato nel whisky ed espressamente decorato con due stilizzate orecchie da burriccu. ../
Senza ulteriori fronzoli, la cena terminava con i dolci.
Costo complessivo affrontato: 37 € cadauno, che giudichiamo un 10-15% al di sopra della soglia ideale, anche se non ci è naturalmente possibile identificare esaustivi termini di paragone rispetto alla cucina locale.
El Sabor Argentino – Don Pedro
Il ristorante “El Sabor Argentino” è dunque un posto irrinunciabile per gli amanti della carne e delle atmosfere calde e conviviali. Degno di nota il mastodontico cuoco/gestore, che tra un’attività ai fornelli e un’altra, si faceva intravedere al tavolo dei divertiti avventori, sempre accompagnato da un’altrettanto maestosa caraffa di birra in mano.
Gli antipasti si sono dimostrati buoni ma non trascendentali, mentre la grigliata e i “contorni” fenomenali. Manchevole in qualche circostanza il servizio. Il non aver concesso a Jesus la possibilità di cambiare le posate a cavallo tra gli Antipastos e la grigliata di carne, vale di per sé un burriccu in meno. Comunque, di certo, ristorante assolutamente da provare! Consigliamo di prenotare per tempo.
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apr
16
2011
Peek a Boo – Interno
Per chi non fosse avvezzo agli idiomi di origine non indigena, esordiamo con l’esemplificare brevemente il significato della locuzione “peek-a-boo”, che nella cultura popolare anglosassone identifica l’equivalente del nostro “bubu-settete” o “cucù”, ovverosia il non troppo impegnativo gioco di intrattenimento – rivolto in particolar modo a spettatori al di sotto dei 36 mesi di età – che consiste nel celare ripetutamente e non troppo minuziosamente il proprio volto e/o corpo, per poi prorompere ex abrupto, fragorosamente, con l’improbabile tentativo di sorprendere o spaventare il proprio divertito interlocutore.
Peek a Boo – Frittura paranza agrumi
Sorprende non poco invece – e forse per questo il nome del ristorante (o lounge restaurant se si vuole fare i fighi!) è del tutto adeguato – il veder comparire un locale di raffinata e ricercata eleganza, pienamente integrato nella struttura di un noto mercato civico rionale (San Benedetto), crocevia per l’incontro di affrettate massaie ed annoiati pensionati, con le buste della spesa in mano.
L’interno è splendido. Un unico grande ambiente, distribuito su un livello inferiore e un ampio soppalco, converge sulla imponente e altissima vetrina del BAR che, arrampicandosi fino al soffitto accarezzata da una sorta di pergolato in legno, mette in mostra numerose bottiglie di vino su composite nicchie squadrate, retro-illuminate da una luce d’atmosfera azzurro-elettrica.
Peek a Boo – Maccarronis frutti di mare
Oggetti d’arredamento dal gusto retrò, solleticati da una generale impronta post-moderna, tracciano i contorni glamour e “di tendenza” del ristorante, ideale confinamento per i fighetti della Cagliari bene e per alcune pseudo-celebrità che riusciamo ad intravedere all’ingresso.
Ci accomodiamo, scortati da una gentile autorevole signorina, ad un piccolo tavolo rettangolare ai margini del soppalco e con vista spiovente sul BAR di sotto, dirimpetto alla vetrina. Ci servono alternativamente due gentili e frenetici camerieri. Il menù per l’ora di pranzo non é invero particolarmente vario, tanto da rendere quasi obbligate le nostre scelte. Amplissima invece la carta dei vini (150 etichette disponibili), dalla quale scegliamo un’ottima bottiglia di Vermentino Is Argiolas D.O.C.
Peek a Boo – Tagliata di manzo
Ordiniamo entrambi, come antipasto monolitico, una “frittura di paranza con agrumi”, insolitamente accompagnata da una salsina di soia; tutto piuttosto buono, ma abbastanza povero in termini di qualità dei singoli elementi e di abbondanza complessiva, anche perché, per un censurabile errore del cameriere, i due piatti richiesti sono stati contratti in un unico “antipasto abbondante”, da condividere tra Jesus e il Raschione Ettore, unici attori dello spettacolo di oggi, per una nuova ingiustificata assenza dell’Ing. Marrocu.
Si proseguiva con dei “Maccarronis ai frutti di mare”, che a dire del cameriere sarebbero dovuti essere oltremodo abbondanti, non però per il più severo giudizio basato sui parametri fuori-scala degli esperti Donkeys: buoni e ben presentati («notate gli scampi che abbracciano il basilico») ma non del tutto convincenti al palato dell’esigente Raschione.
Peek a Boo – Trancio di salmone alla piastra
Secondi piatti differenziati per i due commensali: tagliata di manzo con rucola, grana aceto balsamico e contorno di insalata per Jesus, trancio di salmone alla piastra per il buon Raschione Ettore.
Nonostante una manifestata preferenza ideologica del cameriere per le bistecche al sangue, la tagliata di Jesus presentava un fastidioso eccesso di cottura; comunque, l’ottima qualità della carne in sé, ne garantiva una discreta apprezzabilità.
Meno margine di tolleranza invece per il trancio del Raschione, giudicato stopposo e privo di gusto.
I (due) possibili dessert proposti per concludere il pranzo non erano di pieno gradimento a Jesus, che quindi preferiva saltare la sua porzione. In virtù e per causa di questo forzato difetto lipidico, il vostro amato ometteva di immortalare la buona “torta ai frutti di bosco” richiesta dal Raschione.
Due buoni caffè e un amaro Cynar (per Jesus) terminavano le ostilità alimentari di quest’oggi.
Costo complessivo del pranzo: 45€ cadauno, che riteniamo di dieci euro superiore rispetto ad una ponderata stima ideale.
Il ristorante ”Peek a boo” presenza senz’altro una eccellenza dal punto di vista dell’ambientazione, della carta dei vini e della presentazione dei piatti. Meno lodevole la qualità complessiva delle pietanze e la varietà del menu, che condizionano inevitabilmente il giudizio finale.
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apr
9
2011
Vecchia Fattoria – Interno
Veementemente aggrappato su una zattera di terra proprietà della città di Selargius e naufragato tra le colline ondose dei comuni di Monserrato, Cagliari e Sestu si trova, a un tiro di schioppo da ben conosciuti e amati vigneti nostrani, il ristorante ”Vecchia Fattoria”. Il nome in sé, trasduce ed insinua nei nostri intercalati pensieri, una sproporzionata quantità di analitici concetti che, di riflesso e con onomatopeica origine (“ia ia oh”), alimentano le radici della nostra risoluta natura di Donkey burricchi.
Sulla iper rinfrescata 147 di Jesus, dopo una dissennata e totalmente vana competizione automobilistica, sostenuta contro bolidi quali Fiat Ritmo anni 70 e piloti donna ultra-novantenni, arrivavano al ristorante, con grande effetto acustico ed apparenza scenica (per pochi centimetri, al parcheggio, non buttavano giù un recinto di stuoie vegetali), i due Biumviri Jesus e Raschione Ettore.
Vecchia Fattoria – Antipasti di mare
Parcheggio quello del ristorante – integrato questo in un ben isolato complesso architettonico che può apparire degno più di una zona industriale, piuttosto che della aperta campagna – che in realtà, per una qualche a noi sfuggente reminiscenza storica, risulta essere un campo da calcetto in disuso e adiacente al locale; erba sintetica e delimitazioni di linea incluse.
Assente non pienamente giustificato in questa occasione, il seppur stimato ed ammirato Ingegner Marrocu il quale, in luogo di voler veleggiare con i suoi amati colleghi Triumviri verso un nuovo piacevole naufragio alimentare, sceglieva di solcar – in senso letterale – le onde , a bordo di ben altre non metaforiche imbarcazioni, al fianco di incerto, non meglio identificato, equipaggio.
Vecchia Fattoria – Zuppa cozze arselle
Pur tuttavia, con risolutezza e senza indugio alcuno, Jesus e il Raschione alle 13.30 in punto erano seduti al loro tavolo del quasi deserto locale, intenti a sorseggiare un ottimo vermentino DOC “Is Argiolas”, degustando delle squisite olive in salamoia e assistiti da due gentili ed indaffarati camerieri, in attesa dell’arrivo dei loro antipasti, ovviamente di mare.
Gli spazi interni del ristorante sono distribuiti su vari ambienti; sale piuttosto ampie, decori tradizionali rivisitati in chiave moderna, copertura in legno e mobilia in arte povera. Una saletta più appartata viene delimitata da ampie vetrate, che consentono di intravedere la più lontana cucina a vista.
Vecchia Fattoria – Raviolini salmone bottarga
I diffusori acustici stridono musica in stile country-soul, non certo in linea con la tradizione contadina sarda, e in cacofonico conflitto con la rumorosissima TV CRT, che ripropone le notizie regionali della giornata.
Invero comunque, sosteniamo già da subito che la cucina della “Vecchia Fattoria” risulta essere, in termini di sapori, tradizioni culinarie ed abbondanza, ineccepibile.
Le porzioni dicevamo, soprattutto per quanto riguarda gli antipasti, sono sicuramente ragguardevoli, anche se forse condizionate da una punta di disappunto manifestata da Jesus allorché il giudizioso cameriere suggeriva ai burricchi di condividere un’unica porzione degli stessi: «ma scherza? ne porti due!»
Vecchia Fattoria – Strudel di mele
Gli antipasti standard si articolavano in: ottima burrida, buon pesce a scabecciu immerso in passata di pomodori freschi, carpaccio di salmone, buonissimo polpo marinato e un vassoio di squisiti bocconi (murici) di mare, quasi interamente divorati da Jesus per effetto di una innaturale indisposizione del Raschione per tali prelibatezze. Come appendice, per concausa probabile dell’appariscente bramosia alimentare di burricchi, il cameriere proponeva di concludere con una sesquipedale zuppiera stracolma di cozze e arselle, piuttosto buone anche se forse poco valorizzate da un inesatto dosaggio di pomodori secchi, che ne turbavano non poco il sapore finale.
Vecchia Fattoria – Sebada al miele
Il meglio del pranzo è stato però sicuramente il primo piatto, comune per ambedue i burricchi: Raviolini ripieni con salmone e conditi con una crema di bottarga. Eccellenti! Esclusa la possibilità di soffermarsi su un secondo piatto – la zuppa di cozze e arselle di per sé costituiva un secondo ben più che abbondante – i donkey passavano direttamente ai dolci: strudel caldo alle mele per Jesus, sebada al miele per Ettore, entrambi buonissimi. Il pasto si è concluso con due caffè DAB e un liquore alla liquirizia per il Raschione.
Costo complessivo 35€ cadauno, da ritenersi adeguato per la qualità di quanto assaggiato.
Nonostante qualche piccola sfumatura da limare, i punti di forza del ristorante “Vecchia Fattoria” sono senza dubbio la qualità degli ingredienti, l’abbondanza delle pietanze, e naturalmente il servizio in sala. Meno eccellenti invece, fantasia, presentazione delle portate e ambientazione in generale, che può essere migliorata curando maggiormente i dettagli che costituiscono impronta e anima di un locale. Comunque, senza dubbio, un ristorante da provare!
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